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Cesare Maggi: biografia, poetica e quotazione artista

Tra i maggiori rappresentanti della corrente divisionista italiana, e paesaggista appassionato di scenari alpini tanto da essersi guadagnato il soprannome di ‘artista della montagna’, Cesare Maggi è uno degli artisti più rappresentativi dello scenario artistico del nostro paese negli anni a cavallo tra ottocento e novecento, riconosciuto come esponente essenziale della vita culturale italiana sin dal dopoguerra.
In questo articolo scopriremo di più sulla sua formazione e sulla sua poetica, ma anche come effettuare una valutazione opera d’arte di questo celebre pittore.


Cesare Maggi

Cesare Maggi: biografia e formazione

Nato in una famiglia di attori, Cesare Maggi comincia la sua formazione beneficiando del fortunato contesto artistico familiare, che lo incoraggia a intraprendere gli studi classici e al contempo coltivare la vena creativa. Sin dagli anni giovanili, l’artista si trova dunque impegnato nello studio della pittura dapprima sotto la guida del pittore Vittorio Corcos, e successivamente presso lo studio napoletano del pittore Gaetano Esposito, attento studioso della pittura seicentesca.

Una formazione precoce che lo porta a un esordio quasi da enfant prodige quando, appena maggiorenne, la Società delle Belle Arti di Firenze ammette una sua opera all’Esposizione Annuale. Contestualmente, Cesare Maggi continua la sua attività di ricerca e aggiornamento del panorama artistico contemporaneo trasferendosi per un breve periodo a Parigi.

Il pensiero artistico di Cesare Maggi, tra ricerca e divisionismo

È proprio la Parigi di fine 800’ il luogo in cui Maggi si approccia in modo più concreto alla corrente divisionista, i principali esponenti della quale avendo scelto al tempo, quale sede elettiva, proprio la capitale francese. Tuttavia, è italiana l’esperienza che lo spingerà in modo definitivo verso una più approfondita ricerca della propria voce nell’ambito del divisionismo, quando la Società di Belle Arti di Milano organizza, nel 1899, un’esposizione postuma dedicata alle opere di Giovanni Segantini.

L’incontro artistico con il pittore tirolese segna, infatti, il momento in cui si consolida in Cesare Maggi l’approccio verso una pittura del paesaggio affrontata in chiave divisionista, momento che orienta le scelte successive dell’artista di spostarsi dapprima in Engadina e successivamente, dopo un breve soggiorno a Milano, nella città di Torino.

Cesare Maggi: il pittore della montagna

Due i punti fondanti dell’affermazione di Cesare Maggi quale ‘pittore della montagna’. Da un lato, il trasferimento a Torino, sede ottimale per l’approccio al paesaggio alpino. Dall’altro, il consolidarsi della collaborazione con la galleria d’arte di Alberto Grubicy de Dragon. Mediatore di chiara fama, e una delle voci più autorevoli del panorama artistico dell’epoca – sua in esclusiva la rappresentanza delle opere di Segantini -, Grubicy era infatti noto per il suo occhio critico, e costituiva il fulcro di una fitta rete di contatti internazionali ai quali proponeva grandi maestri e artisti emergenti.

È proprio la galleria Grubicy che permette a Cesare Maggi di far conoscere la propria opera e imporsi con il soprannome di “pittore della montagna” con il quale verrà conosciuto anche negli anni a venire.
Promotore, esponente e fulcro di una corrente che prende il nome di Secondo Divisionismo, le sue opere condividono con la produzione Segantiniana la ricerca del colore e la percezione personale del paesaggio, discostandosene tuttavia per una più approfondita indagine sulla rifrazione della luce, che Maggi mostra di privilegiare rispetto alla ricerca della spiritualità che era stata trait d’union delle opere di Segantini.

Nel Secondo Divisionismo Cesare Maggi incontra la sua tecnica espressiva più profonda e distintiva, celebrata con una esposizione nel corso dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, che gli dedica un’intera sala. Se ne allontana, successivamente, pur continuando a subirne le influenze, per dare avvio alla ricerca di una maniera personale, ricercando la propria voce individuale al di fuori delle correnti canonizzate.

La sua ricerca, che dagli anni 30 viene affiancata dall’attività di insegnante di pittura all’Accademia Albertina di Torino, si concentrerà sulla semplificazione dell’immagine. Fatta eccezione per una breve parentesi nel corso della quale l’artista si è dedicato all’esplorazione della ritrattistica, negli anni immediatamente precedenti la Prima guerra mondiale, Maggi proseguirà inoltre il suo percorso nel solco della pittura di paesaggio, con una predilezione per gli scenari della montagna alpina che resterà costante nel tempo, sino alle ultime opere nell’età matura.

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